Negli ultimi 15 anni le iniziative per ridurre la diffusione della plastica e favorirne le pratiche di riciclo si sono moltiplicate. A partire dalla lotta a uno dei più diffusi, e sostituibili, oggetti del secolo scorso: i sacchetti utilizzati per la spesa. Secondo l’ultimo report delle Nazioni Unite, risalente al 2018, 60 nazioni, Italia inclusa, li hanno vietati o quantomeno tassati. E più recentemente i legislatori internazionali hanno provato a incidere direttamente sulla produzione stessa di altri oggetti usa-e-getta, responsabili di un inquinamento ambientale che sembra essere incontrollabile: basti dire che da quando la plastica esiste – inventata nel 1861, è utilizzata in modo massiccio dal 1954, quando l’italiano Giulio Natta creò il “moplen”, ancora oggi usato per le confezioni alimentari – ne sono circolate circa 9 miliardi di tonnellate, di cui soltanto il 9% è stato riciclato.
A marzo è stata approvata in via definitiva la direttiva europea che vieta dal 2021 alcuni oggetti monouso come piatti, cannucce e cotton fioc; anche sulle bottiglie i funzionari europei hanno dato una stretta, impegnando gli Stati membri ad aumentare la percentuale della loro raccolta del 90% entro il 2029, e stabilendo che le bottiglie dovranno essere ottenute con materiali riciclati per almeno il 25% entro il 2025, e per il 30% entro il 2030.
Tuttavia, molte categorie di prodotti usa-e-getta restano fuori dal divieto: per esempio tutti i contenitori di dentifrici, detersivi, prodotti per la pulizia del corpo e sanitari, ma anche i bicchieri di plastica e le vaschette che contengono alimentari. Quanto è rilevante quello che resta fuori dal divieto? Impossibile quantificarlo con precisione, ma basti dire che secondo le statistiche il 40% di tutta la plastica prodotta in Europa viene impiegata nel packaging, cioè nel confezionamento di vari tipi di prodotti. D’altronde se avete mai ordinato online la spesa presso una grande catena di supermercati, avrete constatato con i vostri occhi dentro quanta plastica vengono avvolti i vostri acquisti. E quanto sarebbe importante evitarlo.
A dispetto delle buone intenzioni dei governanti, e di una nascente sensibilità su questi temi, nella lotta alla plastica sono infatti più che mai cruciali i comportamenti individuali: le scelte di ognuno possono avere un impatto effettivo, e rilevante, sulla salute del suolo e degli oceani. Per capire quanto è bene sapere cosa implica decidere di non provare a ridurre la quantità di plastica che ci circonda: secondo i dati riferiti da Will McCallum, responsabile oceani di Greenpeace UK e autore di “Vivere Senza Plastica”, ogni anno ne finiscono negli oceani 12,7 milioni di tonnellate, che uccidono oltre un milione di uccelli e 100.000 mammiferi marini. Per non parlare delle microplastiche, le fibre sintetiche, invisibili a occhio nudo, contenute negli abiti, e destinate inesorabilmente a riversarsi in mare a ogni passaggio in lavatrice; McCallum scrive che sono responsabili di una percentuale compresa tra il 15 e il 31% di tutto l’inquinamento marino.
Per questo, nel volume di McCallum si passano in rassegna i gesti e le abitudini di consumo che possono fare la differenza. Dall’acquisto di una borraccia all’imparare a leggere le etichette dei vestiti per scegliere solo quelli con fibre naturali, ogni giorno è necessario fermarsi a riflettere e prendere consapevolezza di tutta la plastica che ci circonda, anche in casa, per poi capire come sostituirla poco a poco. Anche a costo di qualche sacrificio.
Forse non è giusto che tocchi ai singoli farsi carico di promuovere una rivoluzione ambientale, accettando le inevitabili fatiche collegate – per esempio, cercare un supermercato in cui vendano i detersivi sfusi – ma in questo momento la scelta è quasi obbligata per chi ha davvero a cuore l’ambiente e il futuro della Terra. Un impianto normativo realmente stringente potrebbe metterci decenni ad arrivare, specie considerato che è destinato a intaccare settori industriali e interessi economici: e non abbiamo tutto quel tempo.
D’altronde, sapendo di essere parte di un movimento collettivo, la fatica risulterà minore. E potrebbe addirittura essere sostituita dalla gioia di salvare il Pianeta: “Una bottiglia alla volta”, come recita il sottotitolo del manuale di McCallum.