Attraverso la saga di Lightfall, per conoscere noi stessi
Chi ha paura del buio?
La risposta onesta è: tutti. Il buio ci impedisce di conoscere il mondo attraverso il senso a cui ci affidiamo con più frequenza, la vista. Quando siamo immersi nell’oscurità, i rumori, gli odori, le forme in cui ci imbattiamo sono inconoscibili, misteriose: è in questo mistero che proliferano i mostri, in questo stato di confine tra la realtà e l’immaginazione che i nostri timori prendono una forma che ci pare quasi reale.
Essere all’oscuro, d’altronde, ha a che fare anche con il non sapere: non capire, non orientarsi. Il buio protagonista di Lightfall, la saga di graphic novel di Tim Probert, è un buio che incarna entrambi questi aspetti: un buio fisico, effettivo, la mancanza di luce che getta il mondo nell’ombra, e un buio che ha a che fare con tutto ciò che i personaggi della saga non sanno, ignorano, non riescono a illuminare.
La storia è ambientata a Irpa: Beatrice vive con il nonno Alfirid, un Verro Mago che gestisce un negozio di pozioni. La sua vita pare scorrere tranquilla, fino al giorno in cui, durante una spedizione per la ricerca di alcuni ingredienti per le pozioni del nonno, incontra Cad, appartenente al popolo dei Galduriani – che Bea era convinta fosse estinto da 500 anni almeno. E questa è solo una delle tante convinzioni in cui Bea ha vissuto e che è pronta a mettere in discussione in un viaggio attraverso Irpa in compagnia del suo nuovo amico Cad, alla ricerca del nonno Alfirid, che è scomparso lasciando un misterioso biglietto dietro di sé.
Bea ha paura del buio: ha così tanta paura che, nelle parti più intime e coraggiose di questa graphic novel, ne è paralizzata. Una ragazza nel bel mezzo di un attacco di panico: in queste tavole Bea è mangiata dall’oscurità, immobile mentre il buio se la prende, la avvolge, le impedisce di vedere. Eppure, in tutta Irpa, la luce c’è: è protetta da una Giara che il nonno ha affidato a Bea, è custodita nelle grandi Luci sospese nel cielo sopra i villaggi e le città. Ma è anche, in qualche modo, ingabbiata: conservata e insieme addomesticata, preservata e contemporaneamente tenuta sotto chiave.
E se il buio fosse una possibilità? Se il buio lo dovessimo attraversare invece che scacciare; se non fosse che uno spazio da percorrere, da conoscere, per comprendere meglio il mondo, comprenderlo sulla propria pelle. Bea si immerge nel buio, in tutto ciò che non le è stato raccontato, o che le è stato raccontato male: in una serie di miti e leggende che hanno fondato la sua identità, l’identità del mondo in cui vive, ma che piano piano si rivelano inesatti, quando non addirittura falsi. È un percorso lungo, difficile; ma è un percorso possibile, se al fianco si hanno degli amici come Cad. È proprio così che si apre la saga di Lightfall, con un insegnamento: Camminare nelle tenebre con un amico è meglio che camminare alla luce da soli.