Cieli, universi, persone buone e persone cattive

Nei libri di Trent Dalton la meraviglia serve a fuggire dall’orrore

A dodici anni si è sul crinale tra infanzia e adolescenza. Questo vuol dire che si possono giocare due partite in contemporanea: quella della fantasia e quella della realtà. È come muovere le pedine su due tavoli diversi: tenerli entrambi sotto controllo, e ogni tanto confonderli. Proviamo a ricordare: ci sono Gordie, Chris, Vern e Teddy. Hanno indossato uno zaino sulle spalle e sono partiti per un’avventura, alla ricerca del corpo di un loro coetaneo – e insieme di un insegnamento grande. Sono i protagonisti di Stand By Me: un racconto e un film in cui la paura e la violenza restano striscianti, quasi sullo sfondo, filtrate dagli occhi dei protagonisti della storia. O ancora: ci sono Sam e Suzy, in Moonrise Kingdom, che ballano insieme su una spiaggia lasciandosi per un attimo alle spalle gli adulti che non li vogliono più, o che non li vogliono abbastanza. Il mondo, per loro, sembra avere un colore diverso da quello che osserviamo ogni giorno fuori dalla finestra.

C’è traccia di queste atmosfere nei libri di Trent Dalton, che però non rifugge l’orrore, anzi: lo mette in scena spietato e contraddittorio, distorto dagli occhi dei giovani protagonisti che lo stanno a guardare, senza abbassare mai lo sguardo.

Da una parte c’è la storia di Eli Bell, un dodicenne che sogna di fare il giornalista e che si districa tra il crimine e lo spaccio di un quartiere degradato di Brisbane grazie alla vicinanza dei suoi due più cari amici: il fratello maggiore August, un genio che ha scelto volontariamente di non parlare più, e Slim, un noto criminale conosciuto da tutti come l’Houdini di Boggo Road per le sue numerose fughe da un carcere di massima sicurezza.

Dall’altra parte c’è la storia di Molly Hook, la bambina becchina che ha ereditato dalla sua famiglia una maledizione e una mappa per trovare un tesoro nascosto: accompagnata nel suo viaggio da Greta Maze, un’aspirante attrice intrappolata in una relazione d’abuso con lo zio della bambina, e da Yukio, soldato giapponese caduto dal cielo insieme alle bombe.

Trent Dalton mette in scena storie di violenza e soprusi: ci sono la droga e le botte, ci sono la guerra e la criminalità, c’è un cimitero in cui le persone scavano per seppellire e disseppellire corpi e una stanza in cui chiudersi per provare a resistere al richiamo dell’eroina. Le immagini sono nitide e insieme sfocate, come se nel momento della messa a fuoco l’ottica inciampasse: a creare questo effetto è sia la scelta del punto di vista del racconto, quello di due dodicenni (a cavallo, appunto, tra infanzia e adolescenza, tra mondo della fantasia e mondo reale), ma anche la scrittura in sé, popolata di immagini, colorata da aggettivi che non ti aspetti, tinte che virano dal reale verso l’immaginifico.

Nel nuovo romanzo di Dalton, Tutti i bagliori del cielo, la piccola Molly Hook ha scelto di farsi diventare il cuore di pietra pur di non soffrire: lo ha fatto dopo essere rimasta orfana di madre, e averle promesso di diventare una persona leggiadra e insieme dura come la roccia, in modo da non potersi mai spezzare. È questo che la rende forse un po’ sfuggente, poco aderente alla realtà: questa capacità di estraniarsi dall’orrore, di parlare al cielo pur di non vedere com’è fatta la terra. Ed è quello che la rende simile anche a Eli Bell, il protagonista del romanzo precedente di Dalton, Ragazzo divora universo, che invece sa trasformare l’orrore, guardarne sempre il lato più luminoso, amare con foga anche le persone che lo hanno ferito profondamente, o quelle che hanno ucciso qualcuno.

La domanda che sembra legare insieme le narrazioni di Dalton è una domanda antica, quella sulla bontà: cosa significa essere buoni? «Secondo te io sono cattiva?», chiede a un certo punto Molly a Greta. E lei le risponde «Tu non sei cattiva per niente, Mol». E poi aggiunge: «A questo mondo non esistono magie, nere o di altro tipo. Ci sono solo le persone, Molly. Ci sono quelle buone, ci sono quelle cattive, e ci siamo tutti noi matti nel mezzo». Una riflessione che sembra riecheggiare le parole di Eli: «Tutti vogliono misurare gli uomini adulti della mia vita con il metro della loro bontà. Io li misuro con i dettagli. Con i ricordi. Con le volte che hanno pronunciato il mio nome».

Ci sono uomini cattivi, persone violente, ci sono morti e cadaveri e ci sono maledizioni e bombe che cadono: ma i protagonisti delle storie di Trent Dalton hanno altri posti verso cui volgere lo sguardo, posti che sono l’universo, posti che sono il cielo, posti che stanno da qualche parte che un po’ somiglia alla realtà, e un po’ no.