Dire il mondo che si ha dentro

    L’adolescenza è un’avventura

    Gli adolescenti sbattono la porta della camera e si chiudono nel loro silenzio; le adolescenti guardano fuori dalla finestra durante la lezione e chissà cosa vedono, sul ramo di quell’albero, verso la linea dell’orizzonte. L’adolescenza è il periodo della vita in cui si mettono alla prova gli strumenti per dire il mondo che si ha dentro: quel mondo non è sempre facile da tirare fuori, perché può essere pieno di mostri, di paure, di cose incomprese e perciò indicibili. 

    Lo sa bene Eli Bell, il protagonista di Ragazzo divora universo di Trent Dalton: Eli è alle prese con una vita precaria, tragica e, insieme, con il tentativo di comprendere quello che suo fratello August cerca di dirgli. Non è certo un compito facile, quest’ultimo, perché August – che è un genio – ha deciso che non parlerà più: il suo unico modo di comunicare consiste nel disegnare in aria messaggi con il dito. Perché August non parla? Dalton scrive: «La mamma dice che August ha smesso di parlare più o meno all’epoca in cui lei è scappata via da mio padre. August aveva sei anni. Dice che l’universo ha rubato le parole al suo bambino mentre lei era distratta, troppo presa dalle cose che mi dirà quando sarò più grande, cioè come l’universo le ha rubato il suo bambino e l’ha sostituto con l’enigmatico circuito alieno di categoria A con cui da otto anni condivido il letto a castello».

    I grandi sono distratti, i bambini diventano alieni difficili da comprendere: il passato diventa un bacino di paure da cui si scappa come si può. Prendete Dodici, per esempio: la giovane protagonista della saga fantasy Fireborn. Dodici è un’eroina a tutti gli effetti, che ha il coraggio di partire all’avventura per salvare il proprio mondo; a spaventarla non sono tanto la strada che ha davanti a sé o le peripezie che dovrà vivere (per quelle, si sa, ci sono gli amici a combattere di fianco a lei). La sua paura si annida nel passato; e per questo, talvolta, Dodici ha bisogno di ricorrere al latte dei sogni, una bevanda che le permette di non sognare, di non inciampare negli incubi che la farebbero precipitare in un universo onirico tormentato, in cui è costretta a vivere le sofferenze che l’hanno trasformata nell’adolescente introversa che è all’inizio della storia.

    Un’eroina che soffre: non siamo certo cresciuti con questo tipo di narrazione, eppure i protagonisti e le protagoniste adolescenti delle storie contemporanee iniziano a mostrarsi anche nelle loro fragilità, che vivano nel mondo reale o in quelli immaginari. Guardiamo i disegni che raffigurano Bea, la protagonista di Lightfall, completamente bloccata da un attacco di panico: una manifestazione fisica di una condizione che molte persone vivono nella loro quotidianità, e che prende forma in un mondo inventato, magico, ma di certo non lontano dalle sofferenze psichiche ed emotive che caratterizzano gli esseri umani.

    A volte il buio che inghiotte questi adolescenti sembra impenetrabile: accendere un fiammifero, una torcia, una piccola lucina sembra un’impresa eroica. Pare ancora più evidente in Almond. Come una mandorla: nel romanzo di Won-Pyung Sohnil protagonista Yunjae soffre di un disturbo psichico che porta il nome di alessitimia, l’incapacità di identificare ed esprimere i propri sentimenti. Yunjae sembra un alieno: con lo sguardo assente lascia che il mondo gli scorra davanti, non riesce a toccarlo e a lasciarsi toccare. In questo romanzo di formazione dolce e delicato trovano spazio una serie di tematiche molto vicine alle giovani generazioni contemporanee: la difficoltà nel farsi capire, nel partecipare, la tendenza a rintanarsi nel proprio mondo. In Almond, Yunjae riesce paradossalmente a stabilire un contatto con Gon, un altro adolescente silenzioso e problematico che arriva nella sua scuola. Il modo in cui Yunjae e Gon si avvicinano è goffo, a volte buffo, ogni tanto problematico: è un prendere le misure, imparare a conoscersi, trovare dei modi per comunicare. Alla fine, è questa l’impresa più eroica di tutte.