Fireborn, una storia di avventura e di amicizia

Intervista con Giulia Rizzo, editor di HarperCollins Italia, e Barbara Servidori, che ha tradotto il debutto di Aisling Fowler


Ambientato nelle foreste di un magico mondo innevato, Fireborn è la serie fantasy per ragazzi con cui Aisling Fowler fa il suo debutto in ben ventuno paesi del mondo: un romanzo di formazione che si sviluppa in una trilogia e che segue le vicende di Dodici, una ragazza che ha rinunciato al suo nome per diventare una Cacciatrice e allenarsi nell’arte di combattere i mostri e difendere la pace. Quando la Loggia, il luogo in cui i giovani Cacciatori si allenano, viene assediata e Sette viene rapita, inizia l’epico viaggio che porterà Dodici a cambiare il suo nome e il mondo intero.

In occasione dell’uscita di Fireborn in Italia abbiamo fatto una chiacchierata con Giulia Rizzo, editor di HarperCollins Italia, e Barbara Servidori, traduttrice italiana della saga. Abbiamo così scoperto la storia di un lavoro lungo e collettivo, e imparato a conoscere meglio il mondo racchiuso in questo romanzo.

1 Immaginiamo che lavorare su un universo letterario così corposo, con la propria ambientazione, la geografia, i riferimenti storici, preveda di gettare delle fondamenta solide. Da dove si inizia questo lavoro, sia nei panni di chi traduce che di chi lavora sul testo?

Giulia Rizzo

Il lavoro su questo libro è stato sotto tutti gli aspetti un lavoro molto condiviso, un confronto continuo su vari livelli, a partire dal dialogo fitto che si è creato con Barbara Servidori fino a un ragionamento collettivo sulla veste grafica della copertina, ad esempio.Siamo arrivati alla scelta di una traduttrice tramite una sorta di selezione a concorso: abbiamo mandato il testo a tre ottime traduttrici e chiesto loro una prova di traduzione. Ci siamo innamorati della prova di Barbara, e da subito c’è stata la volontà di impostare con lei un lavoro partecipato su un libro molto importante per la casa editrice. 

Barbara Servidori 

È vero: dicono spesso che il lavoro di traduzione sia un lavoro solitario, ma in questo caso non è stato affatto così. La sfida di tradurre in italiano un universo così ricco e complesso è diventata un lavoro di creatività molto condiviso, e questa condizione mi ha resa più tranquilla e felice nell’affrontare il testo.

2 Anche perché leggendo Fireborn è subito evidente la complessità del lavoro di traduzione: toponimi, nomi di ere e fatti storici, modi di dire (ci viene in mente “Per tutti i grinzosi gimlet!”). Come avete lavorato su questi elementi del testo?

Barbara Servidori 

Quello dei nomi e dei toponimi è stato davvero un banco di prova nuovo, perché non mi era mai capitato di trovarmi in questa situazione. Nel libro ci sono decine di creature magiche con cui Dodici si trova a relazionarsi o a combattere, ma al di là di queste creature che diventano veri e propri personaggi ce ne sono moltissime altre che vengono nominate una volta sola e poi non compaiono mai. Lo sforzo allora è stato quello di chiedersi: come sono fatte? Che aspetto hanno? Anche perché il nome che si sceglie deve subito evocare le creature: c’è appena lo spazio di un secondo per lasciare un’impressione sul lettore, per restituire un’immagine che sia chiara e che si imprima nella sua mente.

Giulia Rizzo

Sì, anche perché spesso i nomi scelti in inglese dall’autrice evocano qualcosa che tradotto in italiano si infantilizza o si banalizza, o che magari non fa tanta paura al pubblico italiano quanta ne farebbe al pubblico inglese, per via di una sorta di salto culturale tra le lingue. In più, nel caso di questo libro interviene anche il tentativo di restituire una storia che non è solo fatta di intreccio denso ma anche di atmosfera, creata da una scrittura matura.

Barbara Servidori 

Esatto, vorrei sottolineare il fatto che, al di là degli elementi di trama e di atmosfera, il libro ha un bellissimo ritmo, un respiro che ricorda le grandi narrazioni epiche, che nascono come un’onda, e si ingrossano mano a mano che procedono. In questo senso è un tipo di narrazione che ho sentito mia già dalla prova di traduzione: la voce narrante mi è subito arrivata in modo molto chiaro. 

3 Quali sono gli echi e le influenze narrative che risuonano in Fireborn?

Barbara Servidori

Da subito si percepisce ovviamente l’influenza dell’universo costruito da Il Trono di Spade, che però – soprattutto nelle parti dedicate ai combattimenti – si mescola con riferimenti un po’ più datati, come per esempio le atmosfere degli scontri in Buffy l’Ammazzavampiri.

Giulia Rizzo

In una chiacchierata che l’autrice ha fatto qualche tempo fa con gli editori stranieri ha proprio parlato di tutte le influenze che ha portato dentro Fireborn: Aisling Fowler è del 1985, quindi è cresciuta proprio dentro il fenomeno di Buffy, passione che è molto evidente come diceva Barbara soprattutto nelle scene di combattimenti presenti nel libro. Allo stesso tempo, Fowler ha raccontato del marito, appassionato di videogiochi e di giochi di ruolo, come Dungeons & Dragons: queste influenze si vedono nella struttura della quest che Dodici affronta lungo la narrazione, ma anche per esempio nel modo in cui è organizzato un testo che torna spesso nella storia, il Magico bestiario delle creature, in cui le caratteristiche delle creature magiche sono organizzate proprio come nelle carte dei giochi di ruolo, con punti forza e punti debolezza. Un lettore adulto che ha passato del tempo a giocare a D&D riconosce subito questa struttura.

Barbara Servidori

Sì, ma anche i più giovani: D&D e i giochi di ruolo stanno tornando molto nell’immaginario anche delle nuove generazioni di lettori.

Giulia Rizzo

Nella letteratura per ragazzi non si trovano tanti autori che dicono di ispirarsi a videogiochi o giochi di ruolo. Fowler ha mescolato questi riferimenti a quelli del fantasy più “canonico” in modo originale, e non è facile trovare la costruzione di un universo così maturo, popolato da tanti personaggi e in aggiunta una protagonista come Dodici, interessante e al tempo stesso molto complessa.

4 Ecco, parliamo di Dodici: all’inizio del libro la vediamo condurre nella Loggia una vita isolata, senza amici, con un carattere tutt’altro che facile.

Giulia Rizzo

Sì, dico la verità: non credo che se da ragazzina mi fossi trovata nella Loggia con Dodici ci avrei fatto subito amicizia. Anche se è chiaro dalle dinamiche che instaura con i suoi compagni all’inizio del libro, e che si basano su un certo senso di superiorità che la porta a isolarsi molto, che quello di Dodici è un meccanismo di difesa.

Barbara Servidori

Sì, anche io se l’avessi conosciuta nella Loggia non sarei mai stata tra le sue amiche, immagino. Però mano a mano che la storia procede mi sono molto legata a lei, scoprendo le sue fragilità. L’autrice racconta che Dodici, per esempio, ha bisogno di questo latte dei sogni per dormire e per evitare di precipitare in un universo onirico che la perseguita e la costringe a rivivere una serie di sofferenze e perdite che l’hanno portata ad essere l’adolescente dura e introversa che è all’inizio del libro. La scoperta delle fragilità di Dodici è arrivata a commuovermi molto; traducendo alcuni dei suoi ultimi ricordi ho proprio pianto, perché ho incontrato anche la complessità del libro stesso, la sua capacità di far convivere vari registri, di accostare un tono molto lirico a momenti di azione e di lotta. Ecco, penso sia questa alternanza a rendere Fireborn molto diverso da altri esordi fantasy.

5 In generale, ci sembra che la psicologia di tutti i personaggi – umani e non – sia davvero molto ben sviluppata nella narrazione.

Barbara Servidori

Esatto, questo è un altro grande punto di forza del libro. Non esiste una divisione netta tra creature del bene e creature del male. Per esempio, gli ardovampa, gli spiritelli del fuoco, sono dei personaggi ambigui: dispettosi e con una punta di cattiveria, riconoscono però in Dodici un potere unico e con lei formano un’alleanza, che si basa però anche su un contrasto. È proprio attraverso questo contrasto che Dodici riesce a prendere davvero coscienza del proprio potere. Questa ambiguità permette al lettore di trovarsi nella posizione di dover negoziare da solo la linea tra bene e male, di accorgersi anche della sfumatura che divide questi due poli. 

Giulia Rizzo 

Ed è proprio grazie alla cura con cui si delinea la psicologia dei personaggi che è possibile affrontare discorsi complessi, come per esempio il concetto di verità, messo in campo attraverso il personaggio di Querciaroccia.

6 Al di là della storia in sé, Fireborn affronta dei temi importanti, ma sempre con una grande delicatezza.

Giulia Rizzo 

Di fatto questa è la storia di un’amicizia che prima non c’era: nel momento in cui Dodici intraprende il viaggio si trova in una compagnia dell’anello improvvisata in cui nessun membro si sta davvero simpatico. Ad accompagnarli c’è questo grande cane di pietra che si anima – che è il mio personaggio preferito del libro – che incarna la saggezza, la forza. È il personaggio che mette ordine nelle dinamiche di un gruppo di adolescenti, come se fosse l’adulto che ti fa da guida e ti sorregge. Per una buona parte del libro, i protagonisti della quest non vanno d’accordo tra loro ma perseguono un obiettivo comune, trovare Sette. È abbassando una serie di barriere, imparando a conoscersi e ad ascoltarsi, che diventano davvero amici. Tematiche importanti, che vengono davvero inserite nella storia. 

Barbara Servidori

E poi c’è la fragilità di Dodici, che viene messa in scena con davvero molta forza. 

7 Dodici, un personaggio femminile forte e complesso. Ci piacerebbe concludere su di lei questa intervista.

Barbara Servidori

Secondo noi è importante che si continui a scrivere di eroine donne. Potrebbe ormai sembrare quasi una banalità farlo, perché nelle narrazioni spiccano protagoniste forti, e invece secondo me ogni rappresentazione aggiunge qualcosa, un elemento che dà alle ragazze un senso di potenza.

Giulia Rizzo Sì, non dobbiamo dare per scontato questa cosa. Da quando faccio questo lavoro posso dire che la maggior parte delle volte mi imbatto in protagoniste femminili,  è  ma fino a non moltissimi anni fa non era così comune. I riferimenti che ho io, e che rivedo in Dodici, sono Arya Stark e Lyra de La bussola d’oro, eroine pioniere del fantasy. Però non ce ne sono poi così tante altre nella tradizione del fantasy. Portare avanti questo tipo di narrazione e farlo in maniera così sfumata e sfaccettata, come ha fatto Aisling Fowler, non è solo bello ma anche  necessario.