Il ciclo di Avalon: raccontare la Storia (e le sue contraddizioni)

Venticinque anni fa, il 25 settembre 1999, moriva Marion Zimmer Bradley, scrittrice anticonformista, curatrice editoriale, accademica e glottoteta. Bradley è stata un’autrice prolifica, una convinta femminista e un’attivista che con la sua letteratura ha contribuito a una rivoluzione nel fantasy. Marion Zimmer Bradley è anche una figura molto controversa: sposata in seconde nozze con un uomo finito in galera per abusi su minori – di cui, secondo le accuse, era al corrente – è stata lei stessa accusata dalla figlia di molestie sessuali 15 anni dopo la sua scomparsa.

Distinguere tra le azioni della persona e l’opera dell’artista è un dilemma a cui è difficile dare risposta e su cui molti studiosi si sono interrogati. Che cosa accade quando la coscienza morale entra in conflitto con l’importanza culturale? è possibile continuare a ammirare le opere di un artista che non stimiamo più? La terribile e controversa vicenda personale di Marion Zimmer Brandley è difficilmente conciliabile con l’importanza che ha avuto nel favorire il pensiero femminista nella letteratura. Il solo modo che ci appare logico è tentare di separare l’artista dall’opera e raccontarvi la seconda, fatta di piccole e grandi rivoluzioni, di coraggiose riletture della Storia e la nascita di un mondo che ne ha influenzati molti altri.

Il ciclo di Avalon è sicuramente la pietra miliare della lunga carriera letteraria di Zimmer Bradley, che conta circa sessanta opere. A renderla celebre è stato infatti il capolavoro fantasy Le nebbie di Avalon, pubblicato per la prima volta in America nel 1983, arrivato in Italia nel 1986 e riportato al suo originario splendore da un’edizione che recupera tutte le parti che erano state tagliate nella prima traduzione. 

ll romanzo è parte di un ciclo di sette libri in cui Bradley rilegge le vicende di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda da una prospettiva tutta al femminile che incorpora, sullo sfondo, il conflitto tra paganesimo e cristianesimo.

Avalon è infatti un’isola mitologica, dimora di sacerdotesse e di druidi che venerano il culto della Dea Madre: in questa ambientazione la leggenda di Camelot viene riscritta utilizzando per la prima volta la prospettiva di Morgana, sorella di Artù, considerata storicamente la donna cattiva e caratterizzata da Bradley invece come detentrice di un antico sapere in pericolo, di cui solo le donne sono in possesso.

Un fatto curioso è che Michela Murgia era estremamente affascinata dalle storie di donne storicamente considerate “cattive”, ma in realtà spesso solo potenti; aveva infatti scritto un libro (e poi un podcast) insieme a Chiara Tagliaferri, nel 2019, intitolato proprio Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe. Michela Murgia è stata una grande lettrice di Zimmer Bradley, le cui opere – insieme a quelle Grazia Deledda – sono state centrali per la sua formazione femminista. A circa trent’anni infatti, prima di un viaggio da Olbia a Civitavecchia, Michela Murgia scorge in edicola Le nebbie di Avalon e racconta:


“Salii sulla nave con in borsa quel librone da viaggio con avventure cavalleresche un tanto al chilo senza immaginare che si trattava di uno degli atti di militanza più forti che mi sarebbe capitato di vedere nella vita”

Il ruolo del matriarcato, chiave di tutta la narrazione, torna nel secondo libro del ciclo La casa della foresta, nelle cui pagine si incontrano la cultura dei celti matriarcali e dei romani patriarcali, e si snoda nei volumi successivi, in cui le vicende delle sacerdotesse di Avalon si incrociano con la storia di Roma: La signora di AvalonLa sacerdotessa di Avalon e Le luci di Atlantide (inizialmente non legato al ciclo), e L’alba di Avalon, uscito postumo. Sulla centralità del matriarcato in Le nebbie di Avalon, sempre Murgia ha detto:


“Tutte le personagge piegano la realtà e le persone ai loro scopi. Il vero lato rivoluzionario di Le nebbie di Avalon è che il potere viene prima dell’amore, anche nelle donne. […]
In questo Zimmer Bradley ha molto di Grazia Deledda, anche i suoi personaggi sono canne al vento. Ed è per questo che il suo libro mi ha reso femminista: mi ha mostrato come si possono ribaltare i meccanismi di potere, ma anche l’importanza di farlo in modo radicale”.

Bradley sceglie per i suoi romanzi un registro popolare ma elevato, giocando con il genere fantasy  – all’epoca rappresentato soprattutto da J.R.R. Tolkien – ma cambiandone i canoni. «Con il nostro pensiero, noi creiamo giorno per giorno il mondo che ci circonda», è d’altronde una delle sue citazioni più celebri, e all’autrice americana l’operazione di riscrittura della storia, con l’obiettivo di fornirne nuove chiavi di lettura, è certamente riuscita. Né è stata limitata al solo ciclo arturiano: nel romanzo La torcia Bradley riscrive l’epica di Troia adottando la prospettiva di Cassandra, la principessa incompresa, e attribuendo alle guerriere delle Amazzoni un ruolo fondamentale. Ne Il giglio nero, scritto con Andre Norton e Julian May, le autrici descrivono con insolita contemporaneità la fatica di tre principesse alla ricerca della propria identità.

Il contributo di Bradley allo sviluppo e al ripensamento della letteratura fantasy si spinge infine oltre i romanzi, di grande successo. Coerentemente alla natura di attivista, l’autrice ha contribuito attivamente alla nascita di una subcultura di genere, divulgando fanzine, promuovendo nuove scrittrici e mettendole in contatto con autori già affermati: anche questo un modo per rimettere la figura femminile al centro.
Se non lo avete ancora fatto, vi consigliamo quindi di addentrarvi nelle opere di Zimmer Bradley, partendo proprio dalle Nebbie di Avalon. Buona scoperta.