‘Un motivo per mentire’: intervista a Karin Slaughter
Karin Slaughter è tornata in libreria con ‘Un motivo per mentire’, un nuovo caso per Will Trent. Questo thriller si svolge in spazi e modalità differenti dagli altri episodi della saga. Karin Slaughter ce lo racconta qui, in una intervista esclusiva.
In ‘Un motivo per mentire’ è centrale l’elemento narrativo della stanza chiusa, una nuova svolta per la serie dedicata a Will Trent. Puoi dirci qualcosa su com’è stato scriverlo?
L’elemento della stanza chiusa è stato un concetto diverso su cui lavorare, perché di solito Will e Faith hanno un’intera città e un ampio cast di personaggi con cui poter interagire. Gioco sempre lealmente con il lettore e mi assicuro che l’antagonista sia presente quasi dall’inizio. Quindi, la sfida nello scrivere mistero a stanza chiusa è stata capire come introdurre il cattivo in un numero così limitato di persone, mantenendo sempre alte la tensione e la suspense. Nella storia, ci sono queste persone intrappolate in un rifugio di montagna e il cattivo deve per forza essere uno di loro. Non potrei barare dicendo che qualcuno è arrivato di soppiatto dalla città. Ho deciso di disseminare indizi già nelle parti in cui Mercy era viva, determinando poi come quegli indizi si sviluppano dopo che è stata uccisa.
Come editor, sembra che ciascun libro abbia sfide diverse. Durante la scrittura di ‘Un motivo per mentire’ è emerso qualcosa che non ti aspettavi?
Solitamente preferisco avere tre narratori e Faith è una di loro, ma a volte la alterno con altri. In ‘Un motivo per mentire’ ho lasciato che fosse Mercy ad assumere temporaneamente il ruolo della terza voce. Quello che mi ha sorpresa di più sono state le sue lettere. E con ‘sorpresa’ non intendo che non le avevo previste. Inizialmente pensavo alle lettere come opportunità per disseminare più indizi, ma alla fine si sono rivelate più che altro relative al funzionamento interiore di una donna che vive una relazione di abuso. In quella situazione infatti c’erano dei punti chiave emotivi che pesavano abbastanza nella trama complessiva. Le lettere inoltre mi hanno permesso di bilanciare l’idea che il lettore si fa di Mercy prima che venga uccisa e di dare quindi l’idea di come fosse veramente la sua vita e di come amasse profondamente suo figlio. Alla fine mi è piaciuto particolarmente scrivere quella parte. Mi pare che emerga bene la sua personalità divertente e stravagante. Le lettere mi hanno permesso di costruire il personaggio di Mercy in modo complesso e completo, che altrimenti non avremmo conosciuto così. Dopo la sua morte, ho pensato che avevamo ancora bisogno di sentirci connessi a lei, perché molte volte nei romanzi crime si perde il contatto con la vittima. Questo accade anche nella vita reale. Si vede spesso anche nei podcast, dove perdiamo di vista il fatto che si tratta di una storia su un essere umano. Le lettere di Mercy sono un modo per ricordare al lettore che era una persona in carne ed ossa, con speranze, sogni e fallimenti che sentiva di dover accettare. Faith stessa ammette di essere entusiasta di un mistero che si svolge a porte chiuse, ma non vuole perdere di vista il fatto che si trattava di una donna con un figlio e una famiglia: che Mercy aveva una vita.
Senza svelare troppo, costruisci sempre antagonisti complessi. Come hai affrontato questo aspetto scrivendo ‘Un motivo per mentire’?
So sempre fin dall’inizio chi è il cattivo e credo che questo sia molto importante perché solo così si riesce a stratificarlo nella narrazione e a focalizzare cosa ha fatto. Questo permette di spiegare perché ha fatto quello che ha fatto e cosa c’è di sbagliato in lui. Nei miei libri la conclusione non è mai: questa persona ha fatto questa cosa cattiva perché è una persona cattiva. C’è sempre qualcosa di più. Ho sempre voluto capire perché le persone fanno cose cattive. A volte hanno delle qualità positive o redentrici. A volte sono persone cattive in tutto e per tutto, ma cosa le spinge a fare del male è la domanda che mi pongo sempre all’inizio di un libro per potervi rispondere alla fine.
Molti tuoi libri sono stati adattati per il cinema. Puoi dirci qualcosa di questo processo e di quello che hai imparato lavorandoci?
Innanzitutto, devo dire che sono entusiasta di quello che hanno fatto con lo show. È davvero notevole da vedere tutte le settimane e sono molto orgogliosa del lavoro che stanno facendo. Credo che la cosa più importante che ho imparato – non perché ero nel processo, ma proprio standone fuori – è quello che ho appena detto: essere riconoscenti e generosi verso le persone che stanno adattando il tuo lavoro. Quando si entra in un set, ad esempio, si vedono centinaia di persone la cui vita, il cui sostentamento e la cui passione sono legati a quel preciso momento che si vede poi nel film. È incredibile vedere così tante persone impegnate a raccontare quella parte della storia. E quindi, quando i lettori mi dicono ‘Ma il finale di Frammenti di lei nella serie è diverso dal libro’, ricordo loro gentilmente che la televisione è un mezzo diverso. Inoltre, ci sono un sacco di persone creative che si uniscono per raccontare la storia. Per esempio, nel libro, Andy trascorre gran parte del tempo in macchina a pensare: non molto avvincente per la televisione. E poi c’è un talento enorme come quello di Toni Collette. Ha dato grande profondità al personaggio di Laura; ma il fatto curioso è che nel libro la parte di Laura nel presente non così consistente, mentre nella serie televisiva, grazie a Toni Collette, bisogna dedicarle ben più di due scene. Ovviamente, con Will Trent, la gente dice: ‘Ramòn Rodrìguez non è alto un metro e novanta’. No, ma è un uomo profondamente sexy, così dolce e generoso da cogliere davvero lo spirito di Will Trent. E questo è l’importante. Potreste vedere in scena un omone svedese che non ne incarna lo spirito, o potete vedere Ramòn, che lo coglie perfettamente e che ama Betty. Io sceglierò per sempre Ramòn. E Betty, ovviamente.
Molti tuoi libri sono stati adattati per il cinema. Puoi dirci qualcosa di questo processo e di quello che hai imparato lavorandoci?
Si, è uno stand-alone ed è ambientato in Georgia. Inoltre, qualcuno muore.