Cinque scene indimenticabili tratte dalla storia del Pianeta Terra

Se la distribuissero in tutti i cinema, correremo di sicuro a guardarla: la storia della Terra e degli organismi che la vivono è più spettacolare di qualunque kolossal hollywoodiano, piena di svolte inaspettate, parentele per cui tifare, rotture, abbandoni, calamità e avvenimenti mozzafiato. Certo, è un film lungo, lunghissimo. Per aiutarvi a fare il punto, abbiamo raccolto cinque scene indimenticabili da questa storia che appartiene un po’ a tutti noi: il resto potete trovarlo in Breve storia del nostro pianeta, di Andrew H.Knoll.

Un’esplosione di luce

Immaginatevela: enorme, potentissima, capace di generare l’Universo che c’è intorno a noi. 13,8 miliardi di anni fa c’è un grumo, una particella, un puntino che inizia a espandersi rapidamente. Così rapidamente che fa il botto: un Big Bang che rilascia un’immensa ondata di energia e materia. È così che inizia la nostra storia: con un’esplosione di luce.

I primi movimenti

Non è scontato che succeda: per esempio, su Marte o su Venere non c’è traccia di questi movimenti. La Terra, invece, si muove: o meglio, lo fanno le placche che scivolano, si riconfigurano, dando alla superficie del nostro pianeta un aspetto via via diverso. Se volessimo isolare una scena saliente di questo – lentissimo – movimento, allora guardiamo a 180 milioni di anni fa: i continenti per come li conosciamo adesso sono tutti agglomerati. L’Oceano Atlantico ha appena cominciato ad aprir­si. Viceversa Tetide (un oceano che non abbiamo mai conosciuto) presto si chiuderà. 

Entrano in scena i pezzi grossi

Dopo numerose sequenze popolate da esseri che stanno sotto al mare e assumono forme balzane (dove hanno gli occhi? quanti sono? come si muovono?) entrano in scena loro, i pezzi grossi: i dinosauri. Ovviamente ce li immaginiamo tutti enormi e spaventosi: e non è che sbagliamo del tutto (anche se oggi sappiamo che il più piccolo dinosauro conosciuto pesava solo 7 chilogram­mi, come uno schnauzer nano. I pesi massimi, invece, erano i sauropodi: erbivori dal lungo collo come i titanosauri, potevano raggiunge­re i 37 metri di lunghezza e pesare dalle 70 alle 90 ton­nellate.  

Rapido cambio di cast

Possiamo definirlo così: è il momento delle grandi estinzioni di massa. Un “momento” piuttosto lungo, che vede l’avvicendarsi di vulcanismo, glaciazioni, meteoriti, cambiamenti climatici vari. Qui più che una scena è un montaggio alternato: vediamo alcuni protagonisti della storia della Terra uscire di scena (i nostri amati dinosauri, per esempio; ma anche creature più misteriose, come gli ammoniti, un gruppo di molluschi cefalopodi) e altri invece sopravvivere e conquistare dei ruoli di rilievo: i pesci nei mari aperti, i mammiferi sulla terraferma.

La Terra umana

Come abbiamo imparato, questa storia spesso non è fatta di momenti repentini, ma di lenti insediamenti, di comparse graduali. Come quella di noi esseri umani sulla Terra. I più antichi fossili di Homo sapiens hanno 300.000 anni e sono stati trovati in Marocco. I nostri diretti an­tenati divisero l’ultima era glaciale con almeno altre tre specie di Homo. I Neanderthal, spesso rappresentati come bruti, in realtà sofisticati cacciatori­-raccoglitori, in grado di usare diversi strumenti e con cervelli più grandi dei nostri. Il piccolo Homo floresiensis, il cosiddetto hobbit, i cui fossili sono sta­ti scoperti di recente in Indonesia. E poi ci sono i De­nisoviani, noti solo da frammenti scoperti in caverne siberiane di 50.000­-30.000 anni fa. La maggior parte di noi possiede una piccola porzio­ne di geni neanderthaliani; i melanesiani, gli aborige­ni australiani e altre popolazioni asiatiche hanno geni derivati dai Denisoviani. La storia continua a vivere nei nostri geni.  Questa scena non è l’ultima: è quella che apre il nostro futuro.